Questo articolo è stato pubblicato il 19/08/11 su Sardegna 24.
La moderna battaglia per l’identità si combatte anche sulla pelle dei
cittadini. Letteralmente. Nel corso della storia, i tatuaggi hanno
svolto la funzione di designare lo status ed il ruolo sociale di chi li
indossava: hanno adornato galeotti e nobili, guerrieri maori e pescatori
giapponesi. Hanno tracciato confini sociali all’interno della
popolazione e rivendicato differenze culturali.
Dice, a questo proposito, il rocker cagliaritano Joe Perrino: «È
meglio avere un po’ di fantasia sul proprio corpo. I temi principali dei
miei tatuaggi sono l’immaginario rock e la pittura giapponese. Il rock è
la mia modalità d’espressione creativa preferita. Invece, ho scelto di
“indossare” l’arte giapponese, con riproduzioni di opere d’arte o di
motivi tradizionali della Yakuza, perché adoro il loro senso estetico.»
Con l’avanzata rampante del McMondo occidentale, che schiaccia ed
omologa ogni differenza, anche l’arte del tatuaggio è stata
universalizzata. Ormai, le identità vengono presentate dai media come
beni di consumo e, per questo, ora tutti adornano la loro pelle con
simboli usa e getta, privi di una connotazione sociale codificata. Se è
vero che un tatuaggio definisce il ruolo di chi lo indossa, ora esprime
un messaggio del tutto diverso: puoi essere chiunque tu voglia.
È anche per celebrare questi cambiamenti nell’arte del tatuaggio che,
dal 26 al 28 agosto all’Hotel Setar, si terrà la quarta edizione della
Cagliari Tattoo Convention. Questa manifestazione, ricca degli stand di
130 tatuatori, concerti rock e hip hop, eventi di pittura live e
gallerie d’arte, punta a rappresentare lo sviluppo di quest’arte nelle
sue svariate forme ed offrire alla popolazione l’occasione di conoscerne
gli artigiani. Oppure, illustrare la propria pelle con un glifo di
particolare interesse.
«Abbiamo constatato come - spiega Francesca Mulas, addetta alla
comunicazione della Convention - il pubblico, prima composto da addetti
ai lavori, ora sia sempre meno elitario. Siamo partiti da 4 mila
presenze nel 2008 e, di anno in anno, l’aumento è stato esponenziale».
Se è vero che molti sono attratti dal tatuaggio per moda, è
necessario sottolineare come l’aspetto identitario di quest’arte non sia
del tutto scomparso. «I tatuatori non amano i clienti privi di un’idea
precisa, che scelgono un’illustrazione da un catalogo, perché una simile
opzione priva il loro lavoro della responsabilità che merita. In
Sardegna, è molto popolare il tatuaggio a sfondo archeologico: molti
decidono di rivendicare la propria appartenenza alla comunità isolana
con disegni tratti da petroglifi o dall’immaginario tradizionale, quali
maschere e simboli nuragici.»
La convention ha ottenuto una notevole presenza di tatuatori
nazionali e internazionali anche grazie al lato turistico
dell’iniziativa: gli artisti possono dedicarsi alla loro passione
durante la notte e visitare le bellezze dell’isola di giorno. «Questa
composizione internazionale, - dice Milly, tatuatrice veterana
dell’Inkanto Tattoo Emporium di Cagliari - contribuisce ad aumentare la
qualità delle opere eseguite durante la convention. Anche il pubblico ha
gusti sempre più raffinati. Ciononostante, il tatuaggio di tipo
tradizionale è quello più richiesto: pochi colori, disegni incisivi,
seppur semplici».
La convention celebra anche la varietà stilistica offerta dalla
tecnologia. La tipica macchinetta a bobina è ancora in uso, ma è
affiancata da quella a rotativa, che offre un disegno più preciso, con
maggiori possibilità creative. È possibile impiegare inchiostri
speciali, in cui i tatuaggi sono visibili solo in date condizioni di
luce, oppure usare macchine alimentate dall’energia fotovoltaica per
diminuirne l'impatto sull'ambiente. All'orizzonte si profilano pure i
tatuaggi elettronici, come quelli sviluppati da Todd Coleman
dell’Università dell’Illinois, capaci di interfacciarsi con gli
smartphone e mutare disegno secondo i capricci dell’utente.
Ricchi di una tradizione millenaria, i tatuaggi continuano a
riflettere l’identità di chi li porta. Anche se l’identità, nel nostro
occidente, può durare lo spazio di un mattino.